Da Baiano cartoline ricche di storia – Martedì in Albis. Collina di Gesù e Maria.
di Antonio Vecchione
E’ l’unica cartolina che non ritrae paesaggi ma soltanto un folto gruppo di persone che si stringono per rientrare nella foto. E’ un ricordo, probabilmente degli anni trenta, della popolarissima Festa del martedì in Albis sulla collina di Gesù e Maria. Fino agli anni quaranta era una vera festa, con il suo comitato organizzatore (un mio prozio, Nicola Vecchione, ne è stato il presidente per lunghissimi anni, dall’inizio del novecento), con spettacoli, musica, tammorre e “castagnette”, bancarelle varie, con giocattoli e dolciumi. La foto costituisce indiretta testimonianza del clima di festa. A centro c’è un personaggio di spettacolo all’epoca di grande successo, “’o Pazzariello”, un artista di strada, che si esibiva sempre vestito in modo appariscente ed estroso, accompagnato da una orchestrina di suonatori di tamburi, putipù, scetavajasse e triccheballacche. Intratteneva il pubblico con semplici e divertenti filastrocche, con musica e balli popolari, finalizzati, spesso, a propagandare prodotti di botteghe e/o l’apertura di una nuova (il più famoso Pazzariello della storia è stato Totò nel film L’Oro di Napoli). La presenza di persone elegantemente vestite conferma l’importanza della Festa per la comunità baianese. Si capisce che la festa non era soltanto popolare, ma partecipata anche dalla medio – alta borghesia, che si presentava in giacca, cravatta e cappello per ben “comparire” in un contesto pubblico, nel quale si era “obbligati” non soltanto ad essere presenti, ma anche a misurarsi con gli altri (come in tutte le piccole comunità). La tradizione del martedì in Albis è rimasta nel cuore dei baianesi, anche se lo spirito e il senso della partecipazione cambiò subito dopo la guerra. Dagli anni cinquanta in poi, infatti, è stata soltanto una frequentatissima scampagnata in collina per il dopo Pasqua, con gruppi familiari o di amici sdraiati sotto gli ulivi, con tovaglie multicolori stese sul prato, sulle quali facevano bella mostra panettoni, pizze rustiche, casatielli, salami, pastiere, biscotti e vino a volontà. Scomparso il comitato e gli spettacoli, ancora risuonava qualche rara “tammurriata” grazie a sparute coppie che coltivavano la passione della musica e del ballo. Il ritrovarsi insieme nel verde della collina era comunque una festa, tra abbracci, sorrisi, battute, ricordi e inviti reciproci ad assaggiare le proprie leccornìe (con una certa vanità personale a considerarsi maestri nella loro preparazione). Vista dalla parte dei giovani, la scampagnata aveva tutt’altro significato. Rare erano, fino a quei tempi, le occasioni, per incontrare e corteggiare le ragazze: la collina di Gesù e Maria con centinaia di ulivi, il clima di chiassosa festa e la folla, offriva larghe opportunità di socializzare tra giovani e, temerariamente, perfino di andare oltre.
Riflessione finale.
Una riflessione di costume a margine. In tutto questo scenario che ho cercato di descrivere si nota la quasi totale assenza di donne, giovani e meno giovani. Non è un caso, ma la realtà di quegli anni relegava le donne a un ruolo di sudditanza mortificante, soprattutto se letto alla luce dei tempi attuali. Nelle foto non compaiono donne per un motivo semplice: non erano libere di poter circolare o passeggiare o trattenersi o frequentare un bar. Mia madre, Maria Candela, (1922 – 2005), mi raccontava che era loro vietato di attraversare la piazza o di passare davanti a un gruppo di uomini per non suscitare commenti velenosi e tendenziosi interrogativi: come mai è in strada? Dove deve andare? Chi deve incontrare? Dalle domande maliziose a meritarsi una cattiva fama il passo era breve e il futuro della ragazza compromesso. “Quando desideravamo di distrarci dal nostro lavoro di sarta, uscendo all’aria anche per pochi minuti”, diceva mia madre, “io e la mia amica Graziuccia Piacente, preparavamo un pacco con stoffe da tenere in bella evidenza sotto il braccio. Era l’unico modo per lanciare un rassicurante messaggio ai malpensanti: non siamo in giro per ozioso diletto o per equivoci incontri, ma per motivi di lavoro”. Certamente non siamo più a questi livelli, ma il percorso per l’emancipazione femminile è, ahimè, ancora lungo, disseminato di trappole, e chissà quando sarà completato.